Regazzi si candida per gli Stati
ELEZIONI FEDERALI / Il consigliere nazionale del Centro è disponibile per la Camera alta «Ho energie e voglia»
Gianni Righinetti
Il Centro è fra i pochi partiti ticinesi a non aver ancora sciolto le riserve sulle liste in vista delle elezioni federali di ottobre. Il partito scoprirà le carte giovedì, durante il comitato cantonale del partito. Due, al momento, le certezze: l’addio di Marco Romano e la ricandidatura di Fabio Regazzi. Il consigliere nazionale, presidente dell’USAM, stavolta si presenterà anche per gli Stati. Lo abbiamo intervistato.
Ha sciolto le riserve e sarà il candidato de «Il Centro» per il Consiglio degli Stati (ma anche al Nazionale). Come si è convinto a compiere questo passo?
«Premetto che la mia candidatura deve essere approvata dal Comitato che si terrà dopodomani sera. Vero è che sono a disposizione poiché dopo 12 anni di politica federale credo che l’esperienza, i contatti, la conoscenza dei meccanismi di Palazzo e la capacità di mediazione che ho avuto l’occasione di collezionare negli ultimi anni a Berna possano essere utili agli Stati, il cui funzionamento è molto diverso dal Nazionale. E poi, giriamola come vogliamo ma la politica mi piace come il primo giorno e ho ancora energia e voglia di mettermi in gioco ».
Il suo partito le ha fatto una lunga corte o non c’è neppure stato bisogno?
«Negli ultimi mesi vi sono state varie discussioni. Dopo aver valutato diverse opzioni, i vertici del mio partito hanno deciso di puntare sulla mia candidatura. Se è vero che gareggio sotto il cappello del Centro, sarà comunque fondamentale trovare consensi trasversali. Agli Stati servono infatti rappresentanti forti che possano conciliare gli interessi del Cantone e non solo di una fazione politica».
Il PLR (vista l’esperienza del 2019) non ha voluto neppure entrare in materia sull’ipotesi di un’alleanza elettorale. È tra i delusi di quanto accaduto o il suo sentimento al proposito è d’indifferenza?
«Sono questioni che lascio alle guide dei rispettivi partiti. A Berna, ed in particolare agli Stati, è determinante creare alleanze a geometria variabile e presentarsi come deputazione in modo coeso sui temi rilevanti per il Cantone. Insomma, è determinante trovare convergenze sui temi, più che per conquistare il seggio».
Ora a centro politico sarete in due: lei e Alex Farinelli (PLR). Giocherete in coppia (ticket) o meglio che ognuno faccia la sua corsa?
«Le alleanze preelettorali sono sopravvalutate. Gli elettori sceglieranno i due rappresentanti agli Stati in base ai loro contenuti e a quanto hanno mosso a Berna negli ultimi anni. Piuttosto sarà importante un dialogo tra i due eletti agli Stati affinché non si annullino a vicenda come è successo spesso in questa legislatura».
Non è un mistero: se lei ci crede difende anche posizioni distanti dal suo partito (vedi Legge sul clima). Questo viene capito o tollerato?
«La dialettica nel Centro, ex PPD, è sempre stata vivace quanto costruttiva e tollerante. Chi vota Fabio Regazzi conosce la mia linea politica e sa anche che vota un rappresentante che difende e argomenta a favore delle sue idee e non cambia opinione in base alle convenienze. Così è stato nei 16 anni in Gran Consiglio, così è stato nelle 3 legislature al Nazionale e così sarebbe agli Stati ».
Nel suo partito i rumors indicavano diversi pretendenti alla candidatura che sarà sua. Significa che si sono fatti da parte o che lei ha bruciato la concorrenza interna?
«Spesso questi rumors sono più creati dai media che veramente fondati. Per quanto mi riguarda ho messo a disposizione la mia persona, rispettivamente il mio bagaglio di esperienze delle ultime tre legislature bernesi e il partito ha deciso di puntare su di me».
Da candidato unico per il suo partito significa che tutta la pressione per un bel piazzamento al primo turno pesa solo sulle sue spalle. Un vantaggio o uno svantaggio?
«Il sistema maggioritario con cui si vota per gli Stati rende poco opportuna più di una candidatura per partito. In ogni caso affronto la campagna in modo molto sereno ma convinto, motivato e pronto a difendere gli interessi del Cantone. Sono consapevole che si tratta di una competizione difficile ma è proprio questo il tipo di sfide che adoro. Poi alla fine spetterà come sempre ai cittadini decidere chi mandare alla camera dei Cantoni».
Possiamo dire «Fabio Regazzi sulle orme di Filippo Lombardi», lo storico rappresentante alla Camera del Cantoni del Ticino?
«Nei miei primi anni a Berna Filippo Lombardi è stato un esempio e un modello da cui ho imparato molto: strategicamente inarrivabile, eccellente mediatore e abilissimo a tessere alleanze. Tutti ingredienti per far bene in Consiglio degli Stati. Quel che ha mostrato Lombardi è che la conoscenza della Berna federale e dei suoi meccanismi è direttamente proporzionale all’influenza che si può esercitare. Il Ticino, cantone comunque periferico, ha bisogno di figure con queste caratteristiche, capaci di creare maggioranze e muovere le cose a proprio favore. Nel frattempo, dopo tre legislature e la presidenza di varie importanti associazioni nazionali, le conoscenze e le esperienze che ho acquisito ritengo che mi legittimino ad ambire ad un posto agli Stati».
Correre per la Camera Alta significa giocare all’attacco, con confronti accesi e quei duelli tipici di questa sfida. Nei prossimi mesi è il Regazzi che vedremo?
«Sarà il Regazzi di sempre. Con voglia di confrontarsi sui temi, deciso nelle posizioni e moderato nei toni. Così ho sempre fatto politica e così continuerò a fare nella corsa per gli Stati».
A Berna è ormai un deputato di lungo corso, essendo in carica dal 2011. Non è ancora stufo di vivere con la valigia in mano?
«Al contrario. Mi sento molto a mio agio nel fungere da legante tra questioni cantonali e federali. La passione per la politica, l’entusiasmo e le energie sono intatte e questo è un aspetto fondamentale. E poi in treno si lavora bene».
Ma come fa lei a fare tutti e arrivare ovunque (ndr. Impresa Regazzi, presidenza USAM, Federazione cacciatori, CdA HC Lugano e presidenza SAM basket)?
«È una domanda che mi viene posta spesso. E la risposta è semplice: è la passione per quello fai che ti spinge oltre i tuoi limiti. Poi, è ovvio, ci vogliono una buona organizzazione e degli ottimi collaboratori. E devo dire che funziona. Certo, ho vissuto momenti anche molto intensi, ma ho la fortuna di riuscire a ritagliarmi anche del tempo per me stesso e la “mia” montagna dove riesco a ricaricare le batterie».
Cosa è cambiato dalla coppia PLR-PPD (Abate-Lombardi) a quella UDC- PS (Chiesa-Carobbio) eletta agli Stati nel 2019?
«Sono stati tutti e quattro rappresentanti impegnati per il nostro Cantone. È però evidente che trovare accordi e unione di intenti tra due partiti che non sono agli estremi è più facile. Secondo una statistica appena pubblicata, in questa legislatura in più della metà delle decisioni (58%!) i nostri rappresentanti agli Stati hanno votato in modo opposto, di fatto annullandosi. È evidente che questo indebolisce la voce del Ticino agli Stati».
Ogni tanto ci chiediamo cosa ci stia a fare Regazzi nel «Centro» dato che le posizioni sono spesso vicine a quelle dell’UDC.
«Vi sono tematiche in cui ho posizioni più liberali di una parte del mio partito, ma sulla maggioranza dei temi mi ritrovo con le posizioni del gruppo e della nostra Consigliera federale. E nel mio fare politica provo, laddove possibile, a conciliare e mediare le posizioni, trovare maggioranze: non è un caso che da uno studio che è stato fatto risulto fra i primi 10 cosiddetti “Brückenbauer” (costruttori di ponti, n.d.r.) al Consiglio nazionale. Anche questo credo che contraddistingua sia la mia figura che il Centro».
Ora lei e Marco Chiesa vi troverete a confronto: questo scenario è più imbarazzante o più stimolante?
«Né l’uno né l’altro. Con Marco Chiesa ci intendiamo su alcuni punti e meno su altri. Mi rallegro di potermi confrontare nei prossimi mesi anche con lui. Sarà sicuramente stimolante e anche divertente».
Difficilmente la sinistra confermerà il seggio agli Stati. Questo ha avuto un ruolo nella sua scelta?
«Assolutamente no. Che poi la sinistra non confermerà il seggio è una sua affermazione. E non mia».
Ma è anche improbabile vengano eletto due profili che pendono a destra. Questo cosa le fa dire?
«Mi fa dire che sono ipotesi e congetture che lasciano il tempo che trovano. Capisco che a voi giornalisti questo esercizio piace. Comunque, anche perché sono parte in causa, preferisco evitare questi calcoli e concentrarmi sulla sfida che mi attende. Nei prossimi mesi spero di poter trasmettere agli elettori le mie posizioni e il mio modo di interpretare la politica a Berna. Alla fine, sta a loro decidere.
Veniamo a qualche tema in pillole. La mobilità (ad esempio il completamento del San Gottardo) è al centro della sua azione. Andando agli Stati la pressione potrà essere più concreta?
«Il Consiglio degli Stati ha logiche diverse nella sua formazione di maggioranze, rispetto al Nazionale. La capacità di argomentare e creare alleanze viene premiata molto di più. Identificare interessi comuni con altri cantoni è fondamentale. Sotto questo aspetto è possibile muovere molto di più agli Stati. Sicuramente sarà necessario trovare maggioranze, ad esempio contro la prevista “tassa sul Ticino”, un pedaggio al San Gottardo che farebbe della nostra regione l’unica raggiungibile pagando con un balzello. Inconcepibile».
Recentemente è riuscito a far passare al Nazionale un emendamento che prevede un allentamento delle regole per la riattazione dei rustici. È orgoglioso?
«Sicuramente, anche perché è un esempio di come su un tema importante per il nostro Cantone, lavorando bene si possano ottenere successi. Questo risultato (molto tirato perché è passato per un voto!) è anche il frutto di un’ottima collaborazione all’interno della deputazione ticinese e in particolare con il collega Alex Farinelli che ha fatto opera di convincimento all’interno del proprio gruppo. Ma è ancora presto per cantare vittoria, visto che la modifica dovrà ancora superare lo scoglio degli Stati. Il lavoro di lobbying è comunque già iniziato».