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Il fenomeno Dario Argento

PERSONAGGI / Ospite giovedì a Massagno di «Tutti i colori del giallo», il re dell’horror italiano si racconta

Manlio Gomarasca

Tra i grandi protagonisti di «Tutti i colori del giallo» edizione 2022 spicca Dario Argento, il celebre regista italiano, indiscusso maestro del brivido da almeno mezzo secolo. Il cineasta romano sarà ospite a Massagno giovedì sera prima della proiezione del suo film più «svizzero», quel Phenomena che torna sugli schermi elvetici dopo trent’anni. Il critico ed esperto di cinema Manlio Gomarasca, che sarà con lui a Massagno, lo ha intervistato in anteprima.

Dario, nei tuoi film gialli c’è una particolare attenzione alla natura, alla campagna, penso ad esempio alle distese verdi di Phenomena che hai trovato qui in Svizzera…

«Sì è vero. Nel caso di Phenomena mi intrigava il contrasto tra la violenza delle morti e la meraviglia delle Alpi svizzere. Nel mio ultimo film, Occhiali neri, invece ho girato tutti gli esterni nella campagna romana. Perché non è come quella Svizzera di Phenomena, che è bellissima da vedersi, ma questa qui, la campagna romana, è aspra, cespugliosa, piena di roveti… Non è così piacevole, ti dà un senso di angoscia a entrare. Mi piaceva rappresentare il film lì».

Tu hai spesso usato le tue figlie nei film. Ti piace lavorare con loro?

«Molto. Con Fiore ho fatto Phenomena, Demoni e Il cartaio e con Asia abbiamo lavorato in tanti film compreso l’ultimo. Mentre Fiore, come attrice, l’ho sempre uccisa nei film per Asia è stata la prima volta. Fiore ha anche lavorato come ispettore di produzione in La sindrome di Stendhal e Asia in Occhiali neri è accreditata come produttrice perché si è battuta in Francia con Wild Bunch per fare il film».

Occhiali neri è un progetto che inseguivi da parecchi anni.

«Il film all’inizio doveva produrlo Cecchi Gori… era il periodo dopo Trauma, se non ricordo male. L’ho scritto proprio tutto, la sceneggiatura completa, e cominciai a prepararlo. Quando improvvisamente, fulmine a ciel sereno, Cecchi Gori fece la fine che ha fatto e il film è rimasto sospeso per aria. La sceneggiatura di Occhiali neri ha riposato nel cassetto per parecchi anni finché Asia, che cercava degli appunti, dei quadernetti miei, delle storie mie, per un libro che stava scrivendo sulla nostra famiglia, mi ha chiesto di guardare nei miei cassetti. Così ha fatto, ha guardato, ha studiato, finché non ha trovato questa sceneggiatura e senza dirmi niente se l’è portata a casa e l’ha letta. L’indomani mi ha telefonato e mi ha detto: “guarda papà, c’hai una sceneggiatura nel cassetto che è bellissima e l’hai lasciata a morire lì dentro. Sei pazzo se non la fai”. Io me la sono ricordata e in effetti non era male. Me la sono riletta e ho detto: “sì, è vero, il film è interessante!”. Io l’avevo mollata perché era crollato il produttore e tutti i casi che erano successi mi avevano fatto dire: “vabbè, lasciamo perdere: pensiamo ad altro! Tanto di idee ce ne abbiamo. Questo qui lasciamo perdere perché è legato a troppe brutte esperienze”. Invece ormai le brutte esperienze erano passate, erano passati gli anni e così l’ho aggiornato durante il periodo del lockdown. L’ho fatto mio».

Che cosa è cambiato dalla prima versione a questa?

«Sono cambiate le emozioni. Cioè io ho un istinto che mi porta a fare i film e mi ha portato verso questa strada, verso questa violenza scatenata, soprattutto nella seconda parte, che non c’era nella versione precedente. Mi ha portato verso questa campagna orribile, buia… i cani… la brutalità dell’assassino che nell’altro film non era così. Qui è proprio selvaggio, brutale, violento, senza pietà… Un vero assassino. Sono questi i cambiamenti e anche il personaggio di lei. L’ho fatta più selvaggia… aggressiva. D’altra parte lei fa la prostituta».

Come mai hai voluto farla cieca, per rendere più difficile la lotta per la sopravvivenza o perché crea maggior tensione un personaggio non vedente che non si accorge del pericolo?

«Che crei più tensione è vero, ma francamente certe cose che nel film ci sono non le so esattamente. Le capirò fra qualche tempo. Cieca è cieca… perché il personaggio è nato così e devo dire che Ileana è stata bravissima, perché io le ho chiesto di improvvisare delle cose, di regalarmi emozioni. Le ho detto: “ogni mattina mi devi emozionare, mi devi dare qualcosa che io non ti ho detto, non ho scritto in sceneggiatura… Qualcosa di tuo, di istintivo, che venga dal profondo” e lei questa cosa l’ha capita e mi sorprendeva tutti i giorni con qualcosa di nuovo… di inedito… di non detto prima. Veramente le ho fatto tanti complimenti, perché ha dato un carattere a questa Escort. Un carattere veramente combattivo. Una bella interpretazione».

In Occhiali neri c’è un bell’omaggio al tuo cinema del passato, soprattutto Suspiria nella scena del cane…

«Non l’ho fatto per omaggiare il mio cinema del passato, l’ho fatto perché era giusto farlo… poi naturalmente mentre lo pensavo ho detto: “in questa scena c’è Suspiria dentro”. Non l’ho fatto però per omaggiare Suspiria, no, è stato Suspiria che è entrato nel racconto».

Come mai secondo te i Festival di serie A come Locarno, Berlino e Cannes hanno riscoperto il tuo cinema, quando negli anni passati non venivi mai invitato?

«La responsabilità di questo era dei direttori dei Festival e delle commissioni che sceglievano i film e non amavano un certo tipo di genere. Adesso le cose sono cambiate. Le commissioni sono formate da giovani cinefili, conoscitori profondi, come te, Giona Nazzaro, Carlo Chatrian… Prima erano più questioni politiche, dove solo il film impegnato doveva essere invitato. Una cosa ridicola. Il cinema è cinema. Il mio era lo stesso destino che ha subito Edgar Allan Poe che per anni è stato gettato alla gogna, ma anche lo stesso Alfred Hitchcock, diciamoci la verità, durante la sua carriera non è stato mai apprezzato, malgrado Truffaut gli avesse dedicato un libro, i critici lo trattavano male perché aveva successo col pubblico. Basti pensare a quello che hanno scritto di Marnie o di Psycho, uno dei più bei film della storia del cinema, che è anche una lezione di cinema, di come si muove la macchina da presa. Lo massacravano, finché non è morto e dopo morto è stato rivalutato. Una vergogna. Come per Michelangelo Antonioni, del resto, che fu sbeffeggiato e preso per il culo quasi. Con la gente che fischiava quando c’erano i suoi film al festival di Cannes; mentre La notte e L’eclisse sono dei film meravigliosi. Adesso è cambiato tutto per fortuna. Non ha caso in tutti gli ultimi festival ha vinto un film horror come Titane l’anno scorso a Cannes».

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