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Una scoperta ticinese per allontanare il lupo

«Cercavamo una soluzione che potesse rispondere al problema dei piccoli alpeggi dove gli animali sono, per tradizione, liberi di pascolare giorno e notte incustoditi». I ricercatori Federico Tettamanti e Davide Staedler raccontano il loro progetto. «In questa fase vogliamo essere molto cauti: non garantiamo di azzerare le predazioni, ma di ridurle». A breve, partirà un progetto pilota in Francia. Confederazione e Grigioni pronti a investire.

Francesco Pellegrinelli

La conferma arriva qualche ora dopo il nostro incontro sull’Alpe Rompiago, in Capriasca. Lo Stato francese finanzierà un progetto pilota nel dipartimento del Lot. Gli ultimi dettagli verranno discussi sul posto il 1. agosto durante un incontro con il prefetto di Parigi e i contadini della regione. Il test partirà il 15 agosto e interesserà un gregge di 300 pecore.

Federico Tettamanti e Davide Staedler sono un fiume in piena. Entrambi biologi - il primo specializzato in etologia, il secondo in chimica -, da due anni lavorano a un progetto innovativo che potrebbe aiutare gli alpigiani a convivere con il lupo. «L’idea è di creare una barriera olfattiva affinché il lupo non si avvicini alla preda. Per farlo usiamo una sostanza chimica naturale, i feromoni (vedi articolo a lato), che inseriamo in un apposito collare che viene applicato al collo dell’animale che si vuole proteggere ».

A 1.275 metri di quota, lungo la strada forestale che porta al Monte Bar, Federico e Davide incontrano l’alpigiano e gestore dell’agriturismo Alpe Rompiago, Maurizio Minoletti. «Dobbiamo mettere un collare a un montone e riportare in laboratorio le vecchie dosi di feromoni. Vanno analizzate per capire la loro durata», spiega Staedler. «A casa dico che oggi il mio hobby preferito è andare in giro sulle Alpi a cambiare feromoni». Federico ride. «Ho messo da parte il mio spirito imprenditoriale per seguire l’impronta romantica del mio socio», aggiunge Davide. Il riferimento è sulla redditività dell’intera operazione: «Al momento è un progetto autofinanziato».

L’interesse è grande

L’interesse però non manca. I Grigioni sono pronti a testare il sistema su un gregge di 400 pecore acquistando 200 collari grazie alla partecipazione finanziaria dell’Ufficio federale dell’ambiente (UFAM). «Per noi è una bellissima notizia, perché significa che la Confederazione crede nel progetto». Anche in Italia qualcosa si sta muovendo. «In Trentino abbiamo avviato le discussioni con le autorità regionali, mentre in Veneto un privato ha acquistato venti collari per tornare a occupare un alpe che aveva dovuto abbandonare a causa del lupo. In Francia, se tutto va per il verso giusto, l’anno prossimo introdurremo il sistema su larga scala». E in Ticino? «Dovevamo testarlo su due aziende, poi la notizia è girata. Oggi abbiamo 400 animali muniti di collare in 16 alpeggi diversi». L’Alpe Rompiago, appunto, è uno di questi.

Il grido di allarme

«Ci sono alpigiani che ci chiamano e dicono che siamo la loro ultima speranza», spiega Federico. Ogni attività economica presenta rischi imprenditoriali, ma quella dell’alpigiano, nel giro di pochi anni, è radicalmente cambiata a causa del lupo. A pagare lo scotto maggiore sono i piccoli allevatori che non possono permettersi un pastore. «In Ticino sono la grande maggioranza», aggiunge Tettamanti che ammette: «La situazione è tesa».

Lo scorso anno le tensioni in Ticino sono sfociate in un gesto plateale. Un gruppo di allevatori ha scaricato davanti a Palazzo delle Orsoline le carcasse di alcuni animali predati dal lupo. «Come è andata a finire? L’alpigiano ha preso una multa e ha dovuto pulire la piazza», commenta amareggiato Minoletti. «Che cosa è cambiato? Nulla. Quest’anno ci sono state due grosse predazioni, a Indemini e a Bosco Gurin, ma parlare di abbattimento in Ticino è ancora un tabù». Poi la stoccata finale. «A settembre mollo. Basta capre, basta formaggio». Minoletti cercherà di vendere il gregge puntando esclusivamente sulla ristorazione. Una rinuncia dettata soprattutto dal lupo. «Negli ultimi sette anni abbiamo perso più di 50 animali. Gli uffici cantonali preposti non fanno nulla. Il tempo di reazione mi sembra estremamente lento. Troppo lento».

Perché un collare?

« Quando ho immaginato il progetto - racconta Federico cercavo una soluzione che potesse rispondere al problema dei piccoli alpeggi, dove gli animali per tradizione vengono lasciati liberi di pascolare incustoditi giorno e notte». Sono attività essenziali al mantenimento del territorio, aggiunge il biologo, ma la presenza del lupo rende questa pratica sempre più difficile. «Da una parte vogliamo che i nostri alpeggi siano mantenuti in ordine e conservati, dall’altra non ci rendiamo conto che la convivenza con il lupo sta diventando sempre più complicata». Di qui, appunto, la necessità di una soluzione che potesse seguire l’animale anche fuori da un perimetro preciso. «Abbiamo immaginato che i feromoni facessero al caso nostro e che l’idea di un collare fosse la soluzione innovativa », aggiunge Tettamanti. «Con il nostro progetto non vogliamo però alimentare false illusioni», rilancia dal canto suo Staedler. «Non garantiamo di azzerare le predazioni, ma di limitare gli attacchi». La cautela che accompagna i due ricercatori ticinesi - che fin qui avevano preferito non pubblicizzare la loro scoperta - sembra però trovare solide conferme nei primi test: «I riscontri sono positivi», osserva ancora Staedler. « Al momento l’evidenza suggerisce che il sistema funziona. A oggi, nessun animale munito di collare è stato attaccato dal lupo. E, in caso di attacco, nessuna bestia che aveva il collare è stata predata».

I primi test

Il primo test è stato condotto nel 2022 in Austria, al Tierpark di Buchenberg dove un branco di lupi è stato nutrito con 200 chilogrammi di carne per alcune settimane. «Successivamente, abbiamo posto accanto alla carne un collare con i feromoni e immediatamente i lupi hanno cessato di avvicinarvisi », spiega Staedler. Al primo esperimento in cattività è poi seguito un secondo in natura su un gregge di 50 pecore munite di 25 collari. Il test, tuttora in corso, è stato esteso a circa 400 pecore. «Come detto i risultati sono incoraggianti. Alcune predazioni si sono verificate, ma il lupo non si è mai scagliato contro un animale munito di collare. L’evidenza mostra quindi che, molto probabilmente, occorre un collare per ogni capo del gregge».

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